martedì, Dicembre 3, 2024

Favole nucleari

Coerente con il clima di revanscismo culturale che l’attuale governa sta portando avanti in tutti campi, dalle iniziative “legge & ordine” all’attacco ai diritti civili, non poteva mancare una forte ripresa del “negazionismo ambientale” e, più in generale, un tentativo di riportare in auge una logica “sviluppista” incurante delle problematiche ambientali e climatiche.

In questo quadro, unitamente al rilancio degli investimenti sull’energia fossile e al di là delle vuote chiacchiere su fantomatiche “transizioni green”, non poteva mancare l’ennesimo tentativo di rilancio dell’ipotesi nucleare.

Ipotesi che in Italia, dopo un avvio che aveva portato alla costruzione di 3 centrali negli anni sessanta posizionando l’Italia al terzo posto (dopo USA e Gran , Bretagna) tra i produttori di energia nucleare, era franato totalmente sotto il carico di imperizia e problematiche legali e finanziarie [che qui non vale la pena di ricordare, ma che sono facilmente reperibili in rete] fino ad essere spazzata via dai referendum del 1987 in seguito all’incidente di Cernobyl, tanto che la prevista quarta centrale di Caorso non vide mai il fine lavori.

Con il governo Berlusconi IV vi fu un tentativo di riportare in auge il tema, che venne sconfessato e definitivamente azzerato dai referendum del giugno 2011.

Nel maggio 2023 la Camera ha approvato una mozione che impegna l’Esecutivo a prendere in considerazione l’ipotesi del nucleare che intanto con una ridicola decisione a livello europeo è stato inserito come “investimento sostenibile” tra le tassonomie dell’Unione; il governo ha convocato per il 21 settembre imprese e istituzioni per costruire la piattaforma del “nucleare sostenibile” (sic!).

Tutto ciò basandosi su una nuova generazione di favole nucleari che vengono messe in circolazione per tentare di convincere l’opinione pubblica a superare l’attuale postura contraria, confermata da ben 5 referendum, postura che si sostanzia su una serie di argomenti più che solidi sotto tutti i punti di vista e che va ben al di là del semplice timore, peraltro più che giustificato, nei confronti della pericolosità degli impianti.

Senza voler ripercorrere e spiegare nuovamente tutte le motivazioni che in questi decenni hanno ampiamente dimostrato come la scelta del nucleare sia da evitare, prendiamo in esame solo alcune delle ultime argomentazioni messe in campo a sostegno di questa riapertura di credito che sono, come accennato, vere e proprie favole nucleari prive di un qualsiasi senso.

L’indipendenza energetica.

Si vocifera (in particolare Salvini con il suo nazionalismo d’accatto che fa della crassa ignoranza un vanto) che il ritorno al nucleare [magari di “IV generazione”] risolverebbe i problemi di dipendenza energetica dell’Italia.

Questa è una panzana di dimensioni colossali priva del pur minimo fondamento. In primo luogo le riserve di uranio presenti in Italia sono infime, sono stimate in circa 6000 tonnellate e sarebbero sufficienti ad alimentare un solo reattore del tipo EPR (ad acqua pressurizzata, che erano quelli proposti a suo tempo per un eventuale ritorno del nucleare) per 30 anni, quindi una produzione minima. Se si volesse realmente procedere su questa via il combustibile dovrebbe arrivare dall’estero, con buona pace dell’ipotetica indipendenza.

Anche a livello globale la situazione non cambia, si stima che le riserve mondiali totali di uranio all’attuale ritmo di consumo avrebbero una durata di circa 70 anni; se si considera che l’energia primaria utilizzata di origine nucleare è del 6% sul totale si vede bene come si tratti di una “fonte” energetica quanto mai scarsa; se varie nazioni implementassero programmi nucleari come paventato le riserve si esaurirebbero in pochissimo tempo, sostanzialmente meno della vita media di un reattore.

Dal punto di vista economico sarebbe un assurdo, impianti costosissimi (e pericolosi) che non avrebbero combustibile neppure per il loro funzionamento e che ci lascerebbero in eredità (oltre al resto) tonnellate di scorie nucleare la cui gestione avrebbe costi enormi che spesso non vengono conteggiati nei progetti che vengono presentati.

Da ultimo oltre la metà dell’uranio mondiale proviene da Russia, Kazakistan e Uzbekistan (il resto principalmente da Canada Australia e Niger), appare abbastanza ridicolo che per essere “indipendenti dal gas russo” ci si rivolga ad un combustibile che è presente in massima parte proprio negli stessi paesi.

La fusione nucleare

Questa è la vera e propria favola che viene raccontata. In primo luogo va precisato che il processo di fusione non ha nulla a che vedere con il processo di fissione; si tratta di fenomeni fisici totalmente diversi e di tecnologie da applicare che hanno poco in comune, quindi il fatto stesso di trattarle insieme dimostra una enorme dose di pressapochismo [l’unico aspetto che hanno in comune è l’aggettivo “nucleare” che si riferisce al fatto che in entrambi i processi entrano in gioco energie legate alla cosiddetta “interazione forte” che agisce a livello dei nuclei atomici].

L’ordine di grandezza delle energie in gioco è enormemente più alto nel caso della fusione, così come i parametri fisici (temperatura in primis) sono al di fuori della portata e capacità di resistenza dei materiali a nostra disposizione.

Per essere innescata una reazione di fusione necessita una temperatura di centinaia di milioni di gradi, ovviamente non esistono materiali in grado di sopportare (ma anche di esistere) a queste temperature; la strada che si tenta di percorrere è quella del confinamento magnetico delle particelle cariche che dovrebbero reagire, questo richiede quantità colossali di energia e pone enormi problemi ingegnieristici che sono ben lungi dall’essere risolti.

Periodicamente appaiono notizie che annunciano l’arrivo della “fusione nucleare”, ma si tratta sempre di bufale o quantomeno di esagerazioni, anche l’ultimo annuncio del dicembre 2022 è stato poi ridimensionato dai fatti e comunque trova la sua principale ragione d’essere nella ricerca di finanziamenti; finanziamenti che in massima parte finiscono nel giro delle spese militari in quanto sono legati ai militari i principali progetti di ricerca sulla fusione.

Il principale e più “serio” (se così si può dire) progetto di ricerca sulla fusione europeo si chiama ITER (Internenational Thermonuclear Experimental Reactor) è in ritardo di decine di anni sulla tabella di marcia e sfora il budget previsto di miliardi di euro ed è verosimile che non giungerà mai a completamento.

In definitiva si può tranquillamente affermare che per svariate decine di anni non sarà verosimile alcuna possibilità di sfruttare l’energia da fusione nucleare (in molti ritengono che non lo sarà mai), quel che è certo è che non è tema che possa avere un seppur minimo interesse per affrontare le sfide e problematiche climatico ambientali attuali che non possono certo aspettare questa ipotetica panacea.

Peraltro va precisato che non è assolutamente vero che, come viene spesso sostenuto, la fusione sarebbe “pulita”; uno dei prodotti del processo sarebbe il trizio (isotopo dell’idrogeno) che è radioattivo, inoltre il processo produrrebbe grandi quantità di neutroni che, come il trizio, sono estremamente pericolosi e tra l’altro indurrebbero radioattività secondaria nei materiali con cui venissero a contatto.

La IV generazione

L’ultima, per certi versi più pericolosa e “suggestiva”, favola è quella relativa ai mirabolanti reattori di IV generazione; che risulterebbero puliti (?), sicuri, efficienti e con scorie ridotte.

In primo luogo va subito precisato che al momento semplicemente tali reattori non esistono, sono ancora allo stadio di prototipo sperimentale e dimostrativo, per la precisione sono in funzione solo 4 reattori sperimentali che si considerano “tecnologicamente simili” a come dovranno essere in futuro i reattori di IV generazione.

Va inoltre detto che non si tratta in alcun modo di “nuove” tecnologie, ma semplicemente di restyling ingegneristico di quanto già esistente; quindi tutti limiti, considerazioni e rischi che si sono messi in evidenza per i reattori attualmente in uso valgono anche per questi ipotetici.

Per quanto concerne le mirabolanti promesse tecnologiche basta vedere come è finita l’esperienza del Superphenix, (il reattore francese a neutroni veloci autofertilizzante) che doveva rappresentare il futuro della produzione nucleare e che possedeva alcuni elementi comuni con i presunti generatori di IV generazione: dopo anni di funzionamento a singhiozzo, 3 incidenti importanti e un costo effettivo che è stato 6,5 volte maggiore di quello previsto (26 mld di franchi contro i 4 programmati) è stato smantellato.

In chiusura va ricordato quanto detto prima relativamente alla disponibilità del combustibile nucleare (uranio), se per assurdo questi reattori rispettassero le promesse e le varie nazioni si gettassero nella costruzione di questi impianti per sostituire i combustibili fossili (che è la “promessa green” alla base del loro sviluppo) essi rimarrebbero senza combustibile nel giro di pochi anni.

Senza voler andare oltre si può sostenere che la via “nucleare” è una strada senza uscita, oltre che pericolosa, economicamente e razionalmente insostenibile, che trova una sua ragione di essere solo nel suo essere inestricabilmente intrecciata col sistema militare.

Rappresenta un modello energetico estremamente centralizzato, poco democratico che espone a pericoli enormi e costringe a sprechi di trasporto e distribuzione (come tutti i modelli basati su megaimpianti centralizzati).

Per il nostro paese gli investimenti per rilanciare un programma nucleare sarebbero altissimi e troverebbero certo miglior allocazione se venissero utilizzati per promuovere lo sviluppo delle energie cosiddette rinnovabili e allo sviluppo di tecnologie appropriate dedicate a queste ultime e alla riduzione dei consumi (riduzione che rimane la maggior “fonte” energetica disponibile).

Le notizie e le affermazioni riportate sinteticamente in questo articolo sono facilmente reperibili in rete, così come sono consigliabili approfondimenti dei temi che qui sono stati solamente accennati.

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