Il precariato è un fenomeno cronico e strutturale, frutto di decenni di gestione emergenziale della Scuola Pubblica. Nonostante i richiami dall’Unione Europea per l’abuso dei contratti a termine, circa un quarto del personale docente ed Ata è precario. Nello scorso anno scolastico si sono contati circa 250mila contratti a tempo determinato tra supplenze annuali e fino al termine delle attività didattiche e supplenze brevi: un numero in costante crescita. Si tratta di un problema che impatta direttamente sulla qualità dell’insegnamento e dei processi amministrativi, sulla vita di migliaia di lavoratori della scuola e sul funzionamento stesso del sistema educativo nazionale.
La storia del precariato scolastico in Italia affonda le sue radici nel boom della scolarizzazione del dopoguerra, in particolare tra gli anni ’60 e ’70, quando l’aumento massiccio di studenti mise in crisi il sistema di reclutamento basato esclusivamente sui concorsi ordinari. Per far fronte alla crescente domanda di insegnanti, lo Stato ricorse a soluzioni emergenziali. La Legge 477 nel 1973, in particolare, fu il primo grande intervento di stabilizzazione, che portò all’immissione in ruolo di circa 200.000 insegnanti. Seguirono altri provvedimenti, come le Leggi 463/1978 e 270/1982, quest’ultima approvata dopo che il 5 febbraio 1982, circa 25.000 insegnanti precari manifestarono a Roma al Ministero dell’Istruzione per chiedere una soluzione al precariato e per migliorare le condizioni di lavoro. Questa mobilitazione e la successiva legge segnarono un passaggio importante nella storia del precariato della scuola, ma non risolsero il problema. In un decennio si passò dal “doppio canale” di reclutamento, legge 417 del 1989: la metà dei posti a disposizione per le immissioni in ruolo al “concorso per titoli ed esami”, l’altra al concorso “per soli titoli” alle Graduatorie Permanenti introdotte dalla Legge 3 maggio 1999, n. 124.
Questo sistema di reclutamento era basato su un doppio canale, uno basato sul superamento di un concorso e l’altro sulle graduatorie permanenti, che venivano aggiornate annualmente. La legge 296/2006, trasformò, le graduatorie da permanenti ad esaurimento ma non eliminò il problema. Con l’esaurimento delle GaE, sono state introdotte con l’Ordinanza Ministeriale n. 60 del 10 luglio 2020 le Graduatorie Provinciali per le Supplenze (GPS), un sistema che avrebbe dovuto razionalizzare il conferimento degli incarichi annuali. Tuttavia, la loro introduzione non ha risolto il problema di fondo, anzi, in molti casi ha acuito l’incertezza e la confusione affidando ad un algoritmo l’assegnazione degli incarichi, costringendo i docenti, attraverso la procedura delle 150 scuole, ad una scelta al buio senza un quadro delle disponibilità, eliminando di fatto le convocazioni in presenza che sono state per anni i luoghi di aggregazione e di mobilitazione dei precari che portarono nel 2008/2010 “Riforma Gelmini”, alle ultime forti mobilitazioni dei precari della scuola con occupazioni di Provveditorati, il 3 ottobre 2009 migliaia di precari con il supporto dei COBAS Scuola sfilarono a Roma fino al Ministero dell’Istruzione.
Oggi, il precariato nella scuola è una vera emergenza sociale e l’attuale sistema di reclutamento che si basa su un complesso di graduatorie, rende il tutto confuso ed incerto: le Graduatorie di Merito (GM), derivanti dai concorsi pubblici; le Graduatorie ad Esaurimento (GAE), che sono chiuse a nuovi inserimenti dal 2008; e le Graduatorie Provinciali per le Supplenze (GPS), utilizzate per le supplenze annuali e fino al termine delle attività didattiche e solo sul sostegno, per il ruolo, procedura introdotta con il DL 73/2021, convertito nella Legge 106/2021, da ultimo la Riforma del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (con i concorsi PNRR1 e PNRR2). E’ evidente la natura fallimentare del sistema di reclutamento finora attuato con un profondo disallineamento tra i posti vacanti e le assunzioni effettivamente autorizzate, lasciando un deficit di organico che viene sistematicamente colmato con contratti a termine. I dati dimostrano che il sistema attuale genera più precari di quanti riesca a stabilizzarne, rendendo di fatto il contratto a tempo determinato la norma anziché l’eccezione. Gli insegnanti precari, spesso costretti a spostarsi lontano dalla propria residenza, affrontano enormi difficoltà economiche e personali, con ricadute negative sul loro benessere psicologico e sulla loro motivazione, costretti negli ultimi anni ad affrontare spese folli per abilitarsi (30, 36 e 60 CFU), per frequentare il Tfa sostegno o per acquisire titoli (Clil, certificazioni linguistiche ed informatiche) costretti dal sistema Gps ad una rincorsa ai punti che può arrivare anche ad una spesa di 6/7mila euro.
Il mondo del precariato affronta tutto questo in una situazione di polverizzazione e di lotta intestina che rende difficile l’organizzazione di una risposta collettiva. Concentrati sul “proprio” personale problema, perdono il contatto con una realtà che erode, inesorabilmente, diritti per tutti. Nei prossimi mesi si dovrebbe lavorare ad una piattaforma che possa aggregare intorno a pochi punti, unificanti a partire dalla reintroduzione del “doppio canale” di reclutamento con immissioni in ruolo divise per il 50% degli insegnanti dalle GM e 50% dalle GPS trasformate in Graduatorie Permanenti ed alle quali si potrà accedere per soli titoli di studio e servizio, con l’immediata trasformazione dell’organico di fatto in organico di diritto e con la conseguente immissione in ruolo su tutti i posti vacanti e disponibili.
Alessandro D’Auria