mercoledì, Settembre 3, 2025

 Nuove Indicazioni Nazionali: quale futuro per la scuola?

Nelle Indicazioni Nazionali del 2012,la premessa”Cultura,Scuola,Persona” sottolineava il ruolo della scuola quale strumento di emancipazione e realizzazione attraverso il sapere e l’istruzione.

Nelle Nuove Indicazioni la formulazione “Persona,Scuola,Famiglia” sposta l’attenzione sulla centralità della persona e sulla promozione dei talenti. Parlare di talenti nella scuola dell’infanzia è improprio, in questa fascia di età non possiamo riferirci ad abilità o doti bensì a potenzialità emergenti. I bambini e le bambine vivono una fase di sviluppo caratterizzata da plasticità, curiosità, interessi, sperimentazione.
In un contesto educativo ben strutturato, come quello della scuola dell’infanzia, tali potenzialità trovano le condizioni per esprimersi e sviluppare competenze cognitive,relazionali ed emotive.
Sempre nella premessa” Scuola e Famiglia costituiscono le due colonne portanti del percorso di crescita e di apprendimento di bambini e adolescenti”. Questa affermazione rischia di semplificare una relazione molto più complessa.
Non bastano incontri di dialogo e conoscenza a garantire il patto educativo.
In questa relazione entrano in gioco dinamiche pedagogiche, psicologiche e giuridiche intrecciate a valori e bisogni spesso divergenti.
Il cosiddetto patto di alleanza resta una formula retorica perché non considera la complessità delle condizioni familiari.

Molte famiglie sono portatrici di fragilità economiche, sociali e relazionali e spesso tendono ad attribuire alla scuola compiti che vanno oltre il ruolo istituzionale;i conflitti e la reciproca delegittimazione ostacolano una autentica corresponsabilità.
Perché l’alleanza sia costruttiva occorre riconoscere la complessità del rapporto per una convergenza e condivisione delle finalità educative e una maggiore consapevolezza del ruolo formativo della scuola.

Le N.I.tendono a ridurre l’educazione alle relazioni,all’empatia e al rispetto della persona ad una dimensione esclusivamente individuale trascurando la valenza relazionale.

“L’educazione del cuore” come viene suggerita nel documento, si traduce in modelli di comportamento predefiniti piuttosto che stimolare la consapevolezza emotiva e sociale.
Ogni apprendimento si configura come un processo mediato dalle relazioni sociali, è attraverso l’interazione con i pari e con gli adulti che i bambini/ e sviluppano la capacità di comprendere e riconoscere l’altro, di negoziare significati e di cogliere la necessità di darsi e riferirsi a norme di comportamento e di relazione. La comunità educante  è il luogo privilegiato per promuovere  una educazione alle relazioni fondate sul riconoscimento reciproco, sul rispetto e sull’empatia.
Sempre nelle premesse culturali del documento “Scuola che sa essere inclusiva”per l’educazione interculturale si prevede l’assegnazione dei docenti alle scuole del primo ciclo per valorizzare e potenziare le competenze linguistiche culturali e civiche degli alunni provenienti da contesti migratori.
Il documento non tiene conto che l’11 % dei bambini e delle bambine che frequentano le nostre scuole hanno un background migratorio pertanto dovrebbe essere prioritario insegnare la lingua italiana sin dalla scuola dell’infanzia valorizzando la lingua e la cultura di origine degli alunni/e.
L’educazione interculturale non può ridursi ad una mera assimilazione linguistica ma dovrebbe avere come obiettivo la conoscenza e la valorizzazione delle diverse culture.
La dimensione interculturale dovrebbe essere parte integrante dell’educazione perché consente di coltivare interessi, curiosità verso l’altro esplorando così non solo aspetti della vita quotidiana ma anche espressioni letterarie, artistiche, musicali di altre culture.
Inoltre l’educazione interculturale riveste un ruolo cruciale nel contrastare stereotipi e discriminazioni per una scuola inclusiva.
Il digitale è introdotto nella scuola dell’infanzia dalle nuove indicazioni in forma ludica mediato dall’insegnante. Si valorizza come strumento creativo e di espressione ma si sottolineano i rischi di isolamento e passività.

Questo approccio di apertura e prudenza lascia aperti molti punti interrogativi.
È bene precisare che nella fascia di età 3-6  lo sviluppo delle bambine/e è profondamente legato a :gioco, corporeità, linguaggio e relazioni sociali che non possono assolutamente essere sostituiti tanto meno sacrificati.
Nei campi di esperienza per la scuola dell’infanzia si registra una semplificazione rispetto a quelle del 2012 dove venivano articolati con una ampiezza pedagogica ed una forte flessibilità didattica.
Nel testo del 2025 ,la presenza di finalità,competenze attese e obiettivi specifici per ogni campo di esperienza si caratterizza con una prescrittivita’ che rischia di svilire l’autonomia didattica con la conseguenza di una standardizzazione ed il timore che si affermi una cultura della performance.
Inoltre il profilo della bambina/o oscilla da soggetto attivo,esploratore e costruttore di significati a destinatario passivo di saperi predefiniti e vincolato a traguardi standardizzati.
Analogamente, la figura dell’insegnante appare descritta sia come regista dell’apprendimento sia come trasmettitore di contenuti facendo riemergere la figura tradizionale del docente depositario e divulgatore di conoscenze.

La scuola delineata dalle Nuove Indicazioni desta molte perplessità, viene meno un modello di scuola laico, multiculturale e democratico privo di una visione pedagogica che tenga presente tutte le complessità della nostra società.

Beatrice Corsetti

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