mercoledì, Dicembre 10, 2025

Valutare per l’apprendimento anche senza voti?

Viviamo in una società dominata dai voti. Ogni giorno, gran parte delle nostre decisioni sono condizionate da numeri che dovrebbero guidarci nel prenderle. Dalla scelta di un ristorante dove andare a mangiare a quella di un albergo dove soggiornare, ad ogni esercizio commerciale è associato un voto che spinge verso una competizione sempre più marcata. Anche ai lavoratori le aziende attribuiscono dei punteggi, in base alla loro affidabilità e produttività. Ne sono un esempio i riders che sfrecciano da una parte all’altra delle nostre città per consegnarci il cibo e garantirsi qualche chiamata in più, vessati da algoritmi sempre più incalzanti.

La scuola non sfugge a questo meccanismo e alcuni provvedimenti legislativi hanno favorito questo processo. La legge 169/2008 ha esteso i voti in decimi a tutti gli ordini di scuola, abituando subito le bambine, i bambini e le loro famiglie ad una classificazione in base alle loro capacità. L’obbligo per gli istituti di adottare un registro elettronico, previsto dalla legge 135/2012, ha poi reso immediatamente visibile alle famiglie il risultato delle prestazioni scolastiche. Nella scuola primaria, nel 2020 c’è stato un passaggio a giudizi analitici ma il recente dietrofront del ministro Valditara ha reintrodotto i giudizi sintetici per ogni disciplina, di fatto equivalenti ai voti.

La maggior parte delle studentesse e degli studenti che frequentano oggi gli istituti superiori ha acquisito l’idea che la formazione scolastica sia finalizzata prevalentemente a risultati quantitativi. Le conseguenze sono sotto i nostri occhi: stati d’ansia da prestazione, attacchi di panico, stress emotivo. Spesso lo studio di una determinata disciplina si concentra prevalentemente a ridosso di una verifica, producendo delle rincorse faticose che portano le studentesse e gli studenti a trascurare, per alcuni giorni, le altre materie. Un apprendimento di questo tipo è di corto respiro perché le conoscenze e le abilità che non sono il frutto di un’elaborazione continua e profonda tendono a dissolversi pochi giorni dopo la verifica.

Allora si tratta di chiedersi se, ferma restando la normativa che prevede l’uso dei voti decimali al termine dell’anno scolastico e di ogni periodo, non si possa pensare di sostituire il voto, per le verifiche in itinere, con una valutazione descrittiva che dia indicazioni sui punti di forza e di debolezza manifestati in una prova ed indicazioni per migliorare il proprio apprendimento. Ogni docente potrebbe fornire un riscontro valutativo che non punti a classificare immediatamente uno studente ma a dare elementi utili per favorire anche un processo di autovalutazione della sua preparazione. Da una valutazione dell’apprendimento ad una valutazione per l’apprendimento.

Sulla base di questa analisi della situazione, il Centro per la Scuola Pubblica di Pisa ha organizzato il 7 Novembre 2024 un convegno di formazione dal titolo “Quale valutazione per la scuola del futuro”, a cui hanno partecipato Grazia Dell’Orfanello della rete “Scuole senza zaino”, Gabriele Vitello e Lucilla Celletti del Movimento di Cooperazione Educativa, Vincenzo Arte, protagonista del primo progetto organico di scuola “senza voti” al Liceo “Morgagni” di Roma, e Cristiano Corsini, docente di pedagogia all’Università di Roma 3 e sostenitore della valutazione educativa come alternativa alla votazione numerica tradizionale. L’incontro, tenutosi presso il Liceo “Buonarroti” di Pisa, ha avuto un buon risultato in termini di partecipazione e ne è venuto fuori un nutrito gruppo di docenti dell’Istituto ospitante, che hanno deciso di coordinarsi per dar vita ad un progetto di scuola “oltre il voto”, che il Collegio docenti ha approvato nel maggio 2025.

Sempre più numerose sono le esperienze di valutazione formativa alternativa al voto che si sviluppano in Italia secondo vari modelli. Dal “Morgagni” o dall’Istituto “Marco Polo” di Firenze, dove intere classi sono composte da docenti che valutano senza voti, a singole/i insegnanti che autonomamente nelle loro classi sperimentano questa pratica. La ricerca va avanti anche al “Buonarroti” dove, a partire da questo autunno, è stato organizzato un ciclo di formazione fatto di incontri e di laboratori didattici, mirati a dare ai docenti pisani spunti di riflessione per ripensare le proprie pratiche di insegnamento.

Mettersi in discussione è fondamentale per noi insegnanti, chiederci se il nostro modo di valutare debba essere funzionale ad sistema sociale competitivo o davvero nell’interesse delle studentesse e degli studenti. Come scrive Cristiano Corsini: “Se insegniamo per asservire, valutiamo per riprodurre: in tal caso, i voti fanno al caso nostro e la valutazione coincide con essi. Se insegniamo per liberare, valutiamo per trasformare, e allora abbiamo bisogno dei riscontri descrittivi propri della valutazione educativa”.

Daniele Ippolito COBAS Scuola e CESP Pisa

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