sabato, Giugno 21, 2025

Indicazioni Nazionali 2025: i COBAS SCUOLA contestano idee e valori del nuovo documento (2)

In virtù del DPR 275/1999 sull’autonomia scolastica, oltre alla definizione delle discipline e degli orari, il Ministro stabilisce gli obiettivi generali del processo formativo e gli obiettivi specifici di apprendimento delle competenze. Il carattere prescrittivo degli obiettivi lascia però alle istituzioni scolastiche la possibilità di declinarli, contestualizzarli e arricchirli. Pur non normative, le Premesse culturali delle Indicazioni Nazionali rivestono un ruolo fondamentale poiché orientano l’intero impianto valoriale. Questo articolo propone un’analisi sul cambio di paradigma culturale in relazione ad alcuni aspetti: ruolo e rappresentazione della famiglia, disagio giovanile, identità e cittadinanza, alunne/i con background migratorio, concetto di libertà e principio di autorità. Altri temi verranno approfonditi in un successivo contributo.

Una critica alla prima bozza riguardava il cambio del titolo del primo paragrafo, passato da Cultura, Scuola, Persona(come nelle Indicazioni 2007 e 2012) a Persona, scuola, famiglia. Il testo revisionato conferma l’inversione paradigmatica che, dalla cultura considerata fondamento della scuola e mezzo essenziale per la formazione della persona, si sposta sulla centralità della persona e sulle istituzioni scuola e famiglia che le ruotano attorno. La necessità di un “nuovo patto di alleanza” tra scuola e famiglia, senza il quale non si possano “raggiungere obiettivi educativi efficaci”, risulta in certa misura classista. Si dà per scontato un modello familiare stabile e collaborativo che non tiene conto della pluralità o della fragilità di molte situazioni contemporanee. La scuola, invece, ha il dovere costituzionale di colmare le disuguaglianze di partenza, offrendo a tutti gli studenti pari opportunità di apprendimento e di crescita, a prescindere dal contesto familiare. Legare la qualità dell’educazione alla presenza o meno di una famiglia “alleata” esclude chi ha più bisogno del sostegno della scuola. La condanna verso comportamenti vandalici e irrispettosi verso la scuola scarica in modo semplicistico la responsabilità educativa sulle famiglie, senza analizzare le cause profonde del disagio giovanile. Il documento evoca un generico “cedimento valoriale”, idealizzando l’istituzione scolastica e disconoscendo i limiti strutturali e sociali che la attraversano. Si moralizza il problema, anziché affrontarlo con strumenti culturali, pedagogici e inclusivi. L’assenza di un’analisi sulla complessità socioeconomica e culturale della società ha impedito agli estensori del documento di riconoscere il contesto reale in cui l’allieva/o cresce, finendo per veicolare un’idea di identità statica, disancorata dallo sviluppo della capacità di orientarsi in una comunità in continua trasformazione. Ciò trova conferma nell’obiettivo di competenza in materia di cittadinanza, “Riconoscere e rispettare le diverse identità, le tradizioni culturali e religiose in un’ottica di dialogo”, che implica solo la coesistenza delle differenze, ma trascura la possibilità educativa di costruire identità e appartenenze comuni. Nell’attuale società le identità , sia individuali che collettive, e le appartenenze sono plurali e mutevoli. Ridurre tutto alla diversità rischia di impedire la creazione di un tessuto condiviso di significati e valori, necessario per una cittadinanza realmente inclusiva. Secondo Todorov, “le identità culturali non sono solo nazionali, ne esistono anche altre, legate al gruppo d’età, al sesso, alla professione, all’ambiente sociale. Oggi dunque ognuno di noi ha già vissuto dentro di sé, sia pure in maniera diversa, questo incontro di culture: siamo tutti meticci”. Si invoca a “una mente flessibile, generosa, non narcisistica – per – pensare, insieme, identità e alterità”, ma la mente dovrebbe essere soprattutto aperta alla decostruzione di stereotipi e pregiudizi al fine di superare la dicotomia “noi/gli altri”, anche al fine di sostenere il percorso identitario di bambini e bambine con background migratorio, impegnati a trovare strategie adatte a gestire la loro ‘doppia appartenenza’. Per Bauman, “se il problema dell’identità moderno consisteva nel costruire una identità e mantenerla solida e stabile, il problema dell’identità postmoderno è innanzitutto quello di come evitare ogni tipo di fissazione e come lasciare aperte le possibilità”. La libertà resta valore fondante dell’Occidente, con il richiamo ad Atene, Roma e Gerusalemme. Pertanto, permane la miopia che ignora sia il peso storico di esclusione, gerarchie e autoritarismi, sia le diverse visioni di libertà fondate sulla responsabilità collettiva di altri contesti culturali. Nell’ambito dell’educazione alla libertà, si propongono modelli a carattere autoritario, fondati su regole comportamentali e disciplinari, limite e autorità: prima di poter agire liberamente, l’alunna/o deve essere educata/o all’obbedienza e all’autocontrollo. È una libertà intesa come rispetto dell’ordine e coesione sociale, e non come espressione critica e autodeterminata, che assume una valenza strumentale: giustifica restrizioni su tematiche progressiste (diritti civili, questioni di genere, intercultura) e veicola un orientamento ideologico che intreccia il rispetto a valori tradizionali di ordine, gerarchia e appartenenza.

I COBAS ritengono che nel formulare il Curricolo di Istituto, il Collegio dei Docenti debba declinare gli obiettivi delle nuove Indicazioni alla luce dei valori che finora hanno ispirato la scuola democratica.

Bruna Sferra Esecutivo COBAS Scuola di Roma e Provincia

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